New York 4 febbraio 2014

È la solita storia, tutti vogliono guadagnare troppo, l’importatore ci mette il suo, lo Stato le tasse che sono d’un salato che la mineralità dei vini a confronto è scialba, il distributore poi ha bisogno di ricaricare un bel po’, in fondo è lui che il vino lo presenta e concretizza la vendita, arriviamo all’enoteca che dovrà pur pagare l’affitto, le pulizie, il personale e quant’altro, e il ristorante, come può stare aperto se una bottiglia di vino non la ricarica almeno del 300-400%?

Risultato: il vino non si beve! neanche a New York patria del consumismo globale.

La colpa!? Chiaramente dei produttori! Come si fa a vendere un Pinot grigio a più di 4 euro? Ci chiedono gli importatori senza mai distinguere tra il vello e la lana, ovvero senza distinguere tra un buon Pinot grigio e l’acqua sporca?

In questo momento storico sono i produttori che devono ridurre i propri margini se vogliono vendere, ma i produttori sono di due tipi: quelli che con questa situazione sono complici, perché sono bravi commercianti, le uve le comprano a poco, la qualità poi chi se ne importa “la gente beve lo stesso”…

C’è poi un’altra categoria, quella a cui sento di appartenere, che si rifiuta di fare vino cattivo abbattendo i costi oltre il lecito, perché non vuole fregare la gente e allora è alla continua ricerca di persone che la pensino come lui: guadagnare sì, ma non in modo smodato perché questo ha sempre delle conseguenze.

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